martedì 9 dicembre 2014

Le piste ciclabili in città non servono...


Campi Bisenzio
Il titolo è provocatorio, probabilmente qualcuno potrà fraintenderlo ma la provocazione è voluta.
Ho da sempre un'opinione piuttosto personale delle piste ciclabili e non è positiva "a priori". Non penso, ovviamente, che le piste in città siano completamente inutili: alcune sono assolutamente necessarie, penso a quelle lungo i viali di circonvallazione a Firenze o lungo vie di scorrimento più trafficate come può essere viale Redi, sempre a Firenze. Però come ciclista ho sempre preferito la carreggiata alla pista ciclabile; la pista è sempre stata un ripiego lì dove davvero diventa pericoloso pedalare in strada.
Trovo invece molto più costruttivo chiedere a gran voce una regolamentazione più efficace del traffico a motore nelle aree urbane, la realizzazione di aree pedonali o di "aree 30" sempre più vaste e la disincentivazione, al massimo possibile, dell'uso dell'auto privata.
Se il traffico non è caotico, se la velocità dei mezzi a motore è limitata con ogni mezzo e si incentivano i mezzi pubblici, le bici hanno sicuramente la possibilità di circolare in maggiore sicurezza. Un traffico lento e ordinato non costituisce un problema per chi vuole pedalare a lato della strada; lo vediamo nei giorni festivi, quando girare per la città in bici è assolutamente agevole proprio perchè il traffico è minore.
Dove invece servono davvero le piste ciclabili?
La risposta per me è scontata: nelle direttrici che collegano le periferie estreme al centro, o che collegano località vicine che fanno parte di un'area a vocazione metropolitana, come può essere quella che comprende Firenze e i comuni con i quali non c'è soluzione di continuità a livello urbano, cioè: Prato, Sesto Fiorentino, Scandicci, Campi Bisenzio, Signa, Calenzano, Bagno a Ripoli, fino ad arrivare alla direttrice verso Pontassieve.
Nell'area descritta qui sopra in neretto le varie località sono un tutt'uno; sembra di essere in un'unica grande città: da Firenze a San Donnino si passa attraverso aree urbane/industriali; da san Donnino a Campi Bisenzio idem, e così da Campi Bisenzio a Prato per arrivare a  Calenzano e Sesto. Chi prova a pedalare nella direttrice naturale tra Prato, Sesto e Firenze, (cioè via Prato) non ha affatto la percezione di essere su una strada extraurbana se non fosse per il traffico intenso nei giorni feriali che tende ad andare anche molto oltre il limite consentito.
In alcuni tratti di quest'area ci sono delle piste, tipo quella che da Campi arriva all'Osmannoro, ma sono spesso tenute malissimo oppure sterrate e adatte più che altro al cicloescursionismo, come quelle lungo gli argini(pista del Bisenzio, pista dei Renai...), che però non sono adatte al pendolarismo, soprattutto nelle stagioni piovose, sia per il fondo, sia perchè isolate e poco percorribili al buio. Il resto sono tutte strade che passano in aree industriali o in periferie urbane dove il traffico, molto intenso nei feriali, "intimidisce" molto chi vorrebbe percorrerle in bici e dove la realizzazione di percorsi ciclabili potrebbe portare molti ad utilizzare la bici anche per un pendolarismo su tratte più lunghe dei canonici 5-10 chilometri, cioè quelli classici dei pendolari nell'area urbana ristretta. Con una pista a disposizione su certe direttrici extraurbane, una persona senza grosso allenamento copre tranquillamente 20 km in un'ora; praticamente il tempo che ci mette un'automobilista ad andare dal centro di Prato a quello di Firenze nelle ore di punta, considerando anche il tempo che si perde per trovare parcheggio e tutti gli intoppi del traffico.
La mia visione è metropolitana: la città per me non è limitata Firenze ma è Firenze più tutta l'area che la circonda con tutti quei comuni che non presentano soluzione di continuità con Firenze per quanto riguarda il tessuto urbano.
Partendo da Prato fino ad arrivare a Bagno a Ripoli comprendendo tutti i comuni della piana, siamo in un'area che ha profonde interconnessioni e che è destinata ad essere un tutt'uno. Ci sono realtà, in Italia, come Milano o Roma, molto più grandi di quelle Fiorentine; se lì la richiesta è quella di creare percorsi protetti che possano collegare periferie estreme che distano chilometri e chilometri dal centro, perchè questa richiesta non può essere auspicabile anche in un'area metropolitana come quella Fiorentina, chiedendo ai comuni dell'area di progettare una regolamentazione del traffico più "globale" e meno concentrata su una visione limitata ai confini comunali? Faccio presente che la distanza in linea d'aria fra il Duomo di Prato e la stazione di Firenze è paragonabile a quella del raggio del GRA(Grande Raccordo Anulare) di Roma; circa 16km la prima, circa 20km la seconda(misure prese su Google Maps).
Concentrarsi solo nella richiesta di piste in ambito strettamente urbano a Firenze(come in altre città simili) significa guardare alle cose senza un "occhio lungo", significa preoccuparsi solo del proprio "giardinetto" e pensare che la mobilità ciclabile debba essere relegata solo entro certi limiti, quelli della "passeggiatina in centro". E' come se a Roma si chiedessero piste solo per andare dal Pantheon a San Giovanni in Laterano....
Invece una grande sfida per la ciclabilità in Italia deve essere proprio quella di spingere i Comuni a coordinare gli sforzi in modo da creare una rete di piste ciclabili e percorsi protetti extraurbani che agevolino gli spostamenti in bici anche a medio/lunga percorrenza senza escludere a priori questa possibilità.
Percorsi illuminati, puliti, che collegano l'intera area metropolitana, affiancati da mezzi pubblici efficienti e ben distribuiti, sono il modo migliore per limitare l'uso dell'auto e incentivare l'utilizzo della bici anche per gli spostamenti a medio-lunga percorrenza.

mercoledì 3 dicembre 2014

Tutina o no? Ovvero, in città posso andare in bici in giacca e cravatta?

Dico subito che la risposta è "sì, in alcuni casi puoi anche pedalare come Marino(in foto), cioè l'attuale sindaco di Roma, però dipende...".

Molti amanti della bici tendono a considerare inutile l'abbigliamento tecnico per la bici. Altri lo considerano indispensabile. In realtà, quando ci si chiede come convenga vestirsi per pedalare, non esiste una risposta adatta a tutte le esigenze.
Come per tante cose, dipende.
Dipende da come viene utilizzata la bici, dipende dal percorso, dipende dal tipo di bicicletta che si utilizza, dipende dalle condizioni fisiche, dall'allenamento di chi sta pedalando e dalle sue stesse voglie, nonchè dall'obiettivo: c'è chi pedala solo per spostarsi da A a B e chi pedala per spostarsi da A a B e  nel contempo fare allenamento: il secondo caso è un ottimo esempio, secondo me, di come sia possibile sfruttare il tempo dello spostamento da pendolare per tenersi anche in forma.
In questo senso è il buonsenso che dovrebbe venirci in aiuto, prima di qualunque preconcetto nei confronti delle tutine attillate o, al contrario, qualunque forma di fanatismo che spinge qualcuno ad usare abbigliamento ultra-tecnico anche per andare solo a prendere il latte nel negozietto a 2 km di distanza.
Fermo restando che ognuno è assolutamente libero di scegliere come vestirsi in bici, è facile capire che l'abbigliamento più adatto dipende dalla distanza, dalle condizioni del percorso, dalle pendenze, dal tipo di bici e dalle stesse condizioni fisiche e di allenamento del ciclista.
Se si tratta di un pendolare in buone condizioni fisiche che vuole coprire il tratto di 4 o 5 km che separa casa dall'ufficio, in un percorso pianeggiante con una city bike, l'abbigliamento tecnico non serve a molto: si può pedalare vestiti in "abiti civili" (anche in giacca e cravatta come Marino ;-D) considerando che sulle le city bike non ci si sporca perchè generalmente sono dotate di parafanghi e copricatena e permettono una postura comoda; inoltre, 5 km si fanno in poco tempo, mezzora se si va a 10km/h di media cioè una velocità decisamente bassa che anche in condizioni di caldo permette di non sudare più di tanto. Solo in caso di pioggia, qualche problema può nascere: sotto gli impermeabili si suda e pedalare con l'ombrello non è assolutamente consigliabile.
Se invece consideriamo un pendolare che ha il lavoro a più di dieci km di distanza(e ne conosco alcuni) le cose iniziano a cambiare: pedalare per dieci km (più il ritorno) in giacca e cravatta o in abiti non adatti, non è la cosa migliore che si possa fare. A parte il fatto che in poco tempo i vestiti saranno da buttare, per fare dieci km ogni giorno anche alla velocità media considerata nel caso precedente, ci vuole un'ora: molto difficile non sudare pedalando per un'ora consecutiva. Se poi la velocità aumenta perchè si vuole risparmiare tempo o perchè ci piace pedalare ad un ritmo più sostenuto, allora è indispensabile iniziare a pensare a un ricambio e ad un abbigliamento più adatto alla bici. A seconda della distanza può non essere indispensabile il pantaloncino con il fondello imbottito ma di sicuro è una buona idea portarsi un ricambio almeno per il busto, ed è sicuramente importante anche indossare un giubbotto tecnico non troppo pesante ma protettivo per i periodi più freddi. L'abbigliamento tecnico è molto utile quando siamo nei periodi più estremi dell'anno, cioè quando è molto caldo o molto freddo e va considerato con attenzione basandosi sulle proprie sensazioni.
Se poi si utilizza la bici anche in periodi piovosi, diventa consigliabile anche valutare l'acquisto di scarpe impermeabili e se il percorso supera i 10 km, converrebbe anche valutare l'acquisto di abbigliamento in goretex o in tessuto impermeabile e traspirante per arrivare asciutti a lavoro(tenendo presente che in molti casi i costi sono alti).
Quando poi si vanno a considerare percorsi in cui c'è anche da pedalare in salita o su tratti in parte sterrati, e se la bici non è una city bike ma una bici da corsa o una mountain bike(senza parafanghi e copri-catena) il discorso dell'abbigliamento si complica: in salita si suda, per quanto si sia allenati, e sullo sterrato è facile sporcarsi, spesso anche se la bici ha i parafanghi. In tali casi il ricambio è necessario.
Occhiali e guanti possono essere più o meno utili e anche qui dipende tutto dalla distanza e dal tipo di bici; per fare un esempio, un discorso è impugnare le comode manopole di una city bike per 5 km, un altro discorso è pedalare per un'ora con le mani appoggiate sui supporti freno di una bici da corsa, cioè con la presa più adoperata su quel tipo di bici.
Come sempre, l'importante è sentirsi a proprio agio, valutare l'abbigliamento in base alle proprie esperienze e alle proprie necessità, senza sciocchi preconcetti: non c'è nulla di male ad indossare capi di abbigliamento adatti alla bici, se si fanno percorsi non brevissimi o se non si pedala solo per la classica giratina in centro.
In genere chi prende in giro il ciclista che indossa capi tecnici per andare da casa al lavoro, evidentemente non ha mai pedalato una bici a lungo o per distanze superiori alla classica giratina in centro e probabilmente di bici parla ma la usa poco o nulla; qualunque pendolare che pedali davvero anche 15/20 km al giorno(o più) in ogni condizione meteo, sa benissimo quanto possa essere utile una maglietta traspirante, una giacca a vento impermeabile e traspirante o, eventualmente, un pantaloncino con il fondello e un buon casco.
In conclusione, quando si parla di abbigliamento per la bici è meglio usare la testa ed essere realisti senza perdersi dietro alle favolette: il pendolarismo in bici, a parte pochi casi, non è fatto per chi vuol vestirsi elegante a tutti i costi o vuol mantenere la messa in piega impeccabile... :-D . Ci si può sporcare, si suda, si può prendere l'acqua e il freddo o ci si può trovare sotto il sole a 35°: sbagliare abbigliamento in questi casi può portare addirittura a non volerne più sapere di muoversi in bici.
Pedalare è bello, quindi godiamoci al meglio la bici.