martedì 9 dicembre 2014

Le piste ciclabili in città non servono...


Campi Bisenzio
Il titolo è provocatorio, probabilmente qualcuno potrà fraintenderlo ma la provocazione è voluta.
Ho da sempre un'opinione piuttosto personale delle piste ciclabili e non è positiva "a priori". Non penso, ovviamente, che le piste in città siano completamente inutili: alcune sono assolutamente necessarie, penso a quelle lungo i viali di circonvallazione a Firenze o lungo vie di scorrimento più trafficate come può essere viale Redi, sempre a Firenze. Però come ciclista ho sempre preferito la carreggiata alla pista ciclabile; la pista è sempre stata un ripiego lì dove davvero diventa pericoloso pedalare in strada.
Trovo invece molto più costruttivo chiedere a gran voce una regolamentazione più efficace del traffico a motore nelle aree urbane, la realizzazione di aree pedonali o di "aree 30" sempre più vaste e la disincentivazione, al massimo possibile, dell'uso dell'auto privata.
Se il traffico non è caotico, se la velocità dei mezzi a motore è limitata con ogni mezzo e si incentivano i mezzi pubblici, le bici hanno sicuramente la possibilità di circolare in maggiore sicurezza. Un traffico lento e ordinato non costituisce un problema per chi vuole pedalare a lato della strada; lo vediamo nei giorni festivi, quando girare per la città in bici è assolutamente agevole proprio perchè il traffico è minore.
Dove invece servono davvero le piste ciclabili?
La risposta per me è scontata: nelle direttrici che collegano le periferie estreme al centro, o che collegano località vicine che fanno parte di un'area a vocazione metropolitana, come può essere quella che comprende Firenze e i comuni con i quali non c'è soluzione di continuità a livello urbano, cioè: Prato, Sesto Fiorentino, Scandicci, Campi Bisenzio, Signa, Calenzano, Bagno a Ripoli, fino ad arrivare alla direttrice verso Pontassieve.
Nell'area descritta qui sopra in neretto le varie località sono un tutt'uno; sembra di essere in un'unica grande città: da Firenze a San Donnino si passa attraverso aree urbane/industriali; da san Donnino a Campi Bisenzio idem, e così da Campi Bisenzio a Prato per arrivare a  Calenzano e Sesto. Chi prova a pedalare nella direttrice naturale tra Prato, Sesto e Firenze, (cioè via Prato) non ha affatto la percezione di essere su una strada extraurbana se non fosse per il traffico intenso nei giorni feriali che tende ad andare anche molto oltre il limite consentito.
In alcuni tratti di quest'area ci sono delle piste, tipo quella che da Campi arriva all'Osmannoro, ma sono spesso tenute malissimo oppure sterrate e adatte più che altro al cicloescursionismo, come quelle lungo gli argini(pista del Bisenzio, pista dei Renai...), che però non sono adatte al pendolarismo, soprattutto nelle stagioni piovose, sia per il fondo, sia perchè isolate e poco percorribili al buio. Il resto sono tutte strade che passano in aree industriali o in periferie urbane dove il traffico, molto intenso nei feriali, "intimidisce" molto chi vorrebbe percorrerle in bici e dove la realizzazione di percorsi ciclabili potrebbe portare molti ad utilizzare la bici anche per un pendolarismo su tratte più lunghe dei canonici 5-10 chilometri, cioè quelli classici dei pendolari nell'area urbana ristretta. Con una pista a disposizione su certe direttrici extraurbane, una persona senza grosso allenamento copre tranquillamente 20 km in un'ora; praticamente il tempo che ci mette un'automobilista ad andare dal centro di Prato a quello di Firenze nelle ore di punta, considerando anche il tempo che si perde per trovare parcheggio e tutti gli intoppi del traffico.
La mia visione è metropolitana: la città per me non è limitata Firenze ma è Firenze più tutta l'area che la circonda con tutti quei comuni che non presentano soluzione di continuità con Firenze per quanto riguarda il tessuto urbano.
Partendo da Prato fino ad arrivare a Bagno a Ripoli comprendendo tutti i comuni della piana, siamo in un'area che ha profonde interconnessioni e che è destinata ad essere un tutt'uno. Ci sono realtà, in Italia, come Milano o Roma, molto più grandi di quelle Fiorentine; se lì la richiesta è quella di creare percorsi protetti che possano collegare periferie estreme che distano chilometri e chilometri dal centro, perchè questa richiesta non può essere auspicabile anche in un'area metropolitana come quella Fiorentina, chiedendo ai comuni dell'area di progettare una regolamentazione del traffico più "globale" e meno concentrata su una visione limitata ai confini comunali? Faccio presente che la distanza in linea d'aria fra il Duomo di Prato e la stazione di Firenze è paragonabile a quella del raggio del GRA(Grande Raccordo Anulare) di Roma; circa 16km la prima, circa 20km la seconda(misure prese su Google Maps).
Concentrarsi solo nella richiesta di piste in ambito strettamente urbano a Firenze(come in altre città simili) significa guardare alle cose senza un "occhio lungo", significa preoccuparsi solo del proprio "giardinetto" e pensare che la mobilità ciclabile debba essere relegata solo entro certi limiti, quelli della "passeggiatina in centro". E' come se a Roma si chiedessero piste solo per andare dal Pantheon a San Giovanni in Laterano....
Invece una grande sfida per la ciclabilità in Italia deve essere proprio quella di spingere i Comuni a coordinare gli sforzi in modo da creare una rete di piste ciclabili e percorsi protetti extraurbani che agevolino gli spostamenti in bici anche a medio/lunga percorrenza senza escludere a priori questa possibilità.
Percorsi illuminati, puliti, che collegano l'intera area metropolitana, affiancati da mezzi pubblici efficienti e ben distribuiti, sono il modo migliore per limitare l'uso dell'auto e incentivare l'utilizzo della bici anche per gli spostamenti a medio-lunga percorrenza.

mercoledì 3 dicembre 2014

Tutina o no? Ovvero, in città posso andare in bici in giacca e cravatta?

Dico subito che la risposta è "sì, in alcuni casi puoi anche pedalare come Marino(in foto), cioè l'attuale sindaco di Roma, però dipende...".

Molti amanti della bici tendono a considerare inutile l'abbigliamento tecnico per la bici. Altri lo considerano indispensabile. In realtà, quando ci si chiede come convenga vestirsi per pedalare, non esiste una risposta adatta a tutte le esigenze.
Come per tante cose, dipende.
Dipende da come viene utilizzata la bici, dipende dal percorso, dipende dal tipo di bicicletta che si utilizza, dipende dalle condizioni fisiche, dall'allenamento di chi sta pedalando e dalle sue stesse voglie, nonchè dall'obiettivo: c'è chi pedala solo per spostarsi da A a B e chi pedala per spostarsi da A a B e  nel contempo fare allenamento: il secondo caso è un ottimo esempio, secondo me, di come sia possibile sfruttare il tempo dello spostamento da pendolare per tenersi anche in forma.
In questo senso è il buonsenso che dovrebbe venirci in aiuto, prima di qualunque preconcetto nei confronti delle tutine attillate o, al contrario, qualunque forma di fanatismo che spinge qualcuno ad usare abbigliamento ultra-tecnico anche per andare solo a prendere il latte nel negozietto a 2 km di distanza.
Fermo restando che ognuno è assolutamente libero di scegliere come vestirsi in bici, è facile capire che l'abbigliamento più adatto dipende dalla distanza, dalle condizioni del percorso, dalle pendenze, dal tipo di bici e dalle stesse condizioni fisiche e di allenamento del ciclista.
Se si tratta di un pendolare in buone condizioni fisiche che vuole coprire il tratto di 4 o 5 km che separa casa dall'ufficio, in un percorso pianeggiante con una city bike, l'abbigliamento tecnico non serve a molto: si può pedalare vestiti in "abiti civili" (anche in giacca e cravatta come Marino ;-D) considerando che sulle le city bike non ci si sporca perchè generalmente sono dotate di parafanghi e copricatena e permettono una postura comoda; inoltre, 5 km si fanno in poco tempo, mezzora se si va a 10km/h di media cioè una velocità decisamente bassa che anche in condizioni di caldo permette di non sudare più di tanto. Solo in caso di pioggia, qualche problema può nascere: sotto gli impermeabili si suda e pedalare con l'ombrello non è assolutamente consigliabile.
Se invece consideriamo un pendolare che ha il lavoro a più di dieci km di distanza(e ne conosco alcuni) le cose iniziano a cambiare: pedalare per dieci km (più il ritorno) in giacca e cravatta o in abiti non adatti, non è la cosa migliore che si possa fare. A parte il fatto che in poco tempo i vestiti saranno da buttare, per fare dieci km ogni giorno anche alla velocità media considerata nel caso precedente, ci vuole un'ora: molto difficile non sudare pedalando per un'ora consecutiva. Se poi la velocità aumenta perchè si vuole risparmiare tempo o perchè ci piace pedalare ad un ritmo più sostenuto, allora è indispensabile iniziare a pensare a un ricambio e ad un abbigliamento più adatto alla bici. A seconda della distanza può non essere indispensabile il pantaloncino con il fondello imbottito ma di sicuro è una buona idea portarsi un ricambio almeno per il busto, ed è sicuramente importante anche indossare un giubbotto tecnico non troppo pesante ma protettivo per i periodi più freddi. L'abbigliamento tecnico è molto utile quando siamo nei periodi più estremi dell'anno, cioè quando è molto caldo o molto freddo e va considerato con attenzione basandosi sulle proprie sensazioni.
Se poi si utilizza la bici anche in periodi piovosi, diventa consigliabile anche valutare l'acquisto di scarpe impermeabili e se il percorso supera i 10 km, converrebbe anche valutare l'acquisto di abbigliamento in goretex o in tessuto impermeabile e traspirante per arrivare asciutti a lavoro(tenendo presente che in molti casi i costi sono alti).
Quando poi si vanno a considerare percorsi in cui c'è anche da pedalare in salita o su tratti in parte sterrati, e se la bici non è una city bike ma una bici da corsa o una mountain bike(senza parafanghi e copri-catena) il discorso dell'abbigliamento si complica: in salita si suda, per quanto si sia allenati, e sullo sterrato è facile sporcarsi, spesso anche se la bici ha i parafanghi. In tali casi il ricambio è necessario.
Occhiali e guanti possono essere più o meno utili e anche qui dipende tutto dalla distanza e dal tipo di bici; per fare un esempio, un discorso è impugnare le comode manopole di una city bike per 5 km, un altro discorso è pedalare per un'ora con le mani appoggiate sui supporti freno di una bici da corsa, cioè con la presa più adoperata su quel tipo di bici.
Come sempre, l'importante è sentirsi a proprio agio, valutare l'abbigliamento in base alle proprie esperienze e alle proprie necessità, senza sciocchi preconcetti: non c'è nulla di male ad indossare capi di abbigliamento adatti alla bici, se si fanno percorsi non brevissimi o se non si pedala solo per la classica giratina in centro.
In genere chi prende in giro il ciclista che indossa capi tecnici per andare da casa al lavoro, evidentemente non ha mai pedalato una bici a lungo o per distanze superiori alla classica giratina in centro e probabilmente di bici parla ma la usa poco o nulla; qualunque pendolare che pedali davvero anche 15/20 km al giorno(o più) in ogni condizione meteo, sa benissimo quanto possa essere utile una maglietta traspirante, una giacca a vento impermeabile e traspirante o, eventualmente, un pantaloncino con il fondello e un buon casco.
In conclusione, quando si parla di abbigliamento per la bici è meglio usare la testa ed essere realisti senza perdersi dietro alle favolette: il pendolarismo in bici, a parte pochi casi, non è fatto per chi vuol vestirsi elegante a tutti i costi o vuol mantenere la messa in piega impeccabile... :-D . Ci si può sporcare, si suda, si può prendere l'acqua e il freddo o ci si può trovare sotto il sole a 35°: sbagliare abbigliamento in questi casi può portare addirittura a non volerne più sapere di muoversi in bici.
Pedalare è bello, quindi godiamoci al meglio la bici.

martedì 25 novembre 2014

Ciclo escursionismo - Percorso 1) Sesto F.no-Fiesole-Bivio Monteloro-San clemente-Montebeni-Settignano


Salita di Fiesole - vista da san Domenico

Zona San Clemente

Valle verso Monteloro

Paesaggio da San Clemente

Boschi sotto Poggio Pratone

In discesa su via di Bagazzano



Note introduttive:

Inizio una nuova serie di articoli del blog, dedicati al cicloescursionismo, inserendo un giro in una zona classica del Fiorentino, la zona tra Fiesole, la via che va verso l'Olmo, la zona tra Monteloro, Castel di Poggio, Montebeni e Settignano; tutte zone abbastanza battute dalle gite organizzate in Firenzeinbici; questa in particolare non è mai stata organizzata in questa versione ma prima o poi la proporrò.
Il percorso non è difficile ed è alla portata di chiunque abbia una certa abitudine a pedalare e una buona confidenza con la salita; il dislivello complessivo del giro è di 750 m circa con la presenza di alcuni brevi strappi abbastanza ripidi.

Il mio percorso inizia da Sesto Fiorentino, cioè dalla zona in cui abito. Chiaramente partendo da Firenze il chilometraggio diminuisce ma questo non cambia il dislivello che rimarrà praticamente identico essendo concentrato tutto nel tratto che parte dall'inizio della salita di Fiesole.

Le salite del giro sono mediamente impegnative: il primo tratto di salita che si affronta fa tappa a Fiesole ed è conosciutissima; sale regolare per circa 5 chilometri. Dopo la tappa di Fiesole la salita prosegue più o meno con la stessa pendenza fino al bivio per Vincigliata per poi trasformarsi in un saliscendi agevole.
Tra falsopiani e tratti in cui si tira il fiato per gustarsi la pianura e i paesaggi bellissimi, si continua fino al bivio per Monteloro dove si lascia la via per l'Olmo per imboccare una strada fra i boschi che sale abbastanza pendente per circa un chilometro ma superato il Passo della Catena(un valico secondario che si trova sotto il Poggio Pratone), si prosegue in divertente discesa fino al bivio per Monteloro dove si rimane sulla stessa strada che riprende a salire, a tratti impegnativa con strappi brevi ma ripidi. La via a tratti si apre su panorami bellissimi verso valle passando tra i boschi sotto Poggio Pratone; è assolutamente priva di traffico e davvero molto godibile. Si prosegue passando per San Clemente e poi passando davanti alla chiesetta di San Michele a Muscoli si finisce in ripida discesa su via dei Bosconi che porta a Fiesole(occhio... lo stop è subito dopo una curva!). La via dei Bosconi si lascia subito deviando a sinistra per prendere via di Vincigliata in direzione dell'omonimo castello che il giro comunque non tocca. Qui la strada sale all'inizio ma spiana subito e diventa una discesa: al bivio per Montebeni si lascia via di vincigliata deviando in discesa a sinistra, si supera Montebeni(ammirate i paesaggi e i boschi). Attenzione qui perchè è facile sbagliare: superato Montebeni si salta una prima deviazione a sinistra(via di Ontignano) e si prende la via che va a Compiobbi(SP 110) lasciandola anche in questo caso subito a favore di una viuzza quasi nascosta, via di Bagazzano. Questa stretta via passa in mezzo a un boschetto fitto e scende ripida verso la valle dell'Arno aprendosi su paesaggi bellissimi. In fondo alla discesa c'è una deviazione a sinistra che si ignora continuando invece su una via con il fondo molto rovinato che passa davanti a Villa Gamberaia e raggiunge Settignano passando sotto un caratteristico ponticino. Da  Settignano si scende poi su via D'Annunzio per raggiungere la zona di Campo di Marte a Firenze. La mia mappa poi prosegue verso Sesto F.no passando per la città.

Difficoltà: per ciclisti mediamente allenati, con un minimo di attitudine alla salita.
Lunghezza: 50km circa;
Dislivello: 700m;
Fondo: 100% asfalto; in alcuni tratti l'asfalto è in pessime condizioni.
Principali waypoints: Sesto F.no(0km - 55mt. slm), Firenze(8km - 57mt), Fiesole(18km - 316mt), Bivio per Monteloro(22km - 467mt), Passo della Catena(23km - 515mt), San Clemente(28km - 564mt), Bivio per Vincigliata(31km - 383mt), Bivio Montebeni(33km - 361mt), Bivio via di Bagazzano(34km - 317mt), Villa Gamberaia(36km - 190mt.), Settignano(37km, 175mt), Stadio Firenze(40km, 51mt), Sesto F.no(50km - 55mt.)
Periodo consigliato: Qualunque periodo dell'anno è adatto; nel periodo autunnale la zona dei vigneti e dei boschi tra Monteloro e San Clemente è, a mio parere, nel suo massimo splendore.
Bici consigliata: qualunque bici che sia affidabile, con un buon cambio che permetta di superare alcune salite ripide e buoni freni per i tratti di discesa molto pendente; la bici da corsa può avere qualche difficoltà su tratti che presentano un asfalto ruvido o addirittura molto sconnesso(strada verso Settignano).
Traffico incontrato: scarsissimo, escludendo i tratti urbani nei giorni feriali. 

P.S. ... : Se vi piacciono le foto sopra... le ho scattate io... 

MAPPA DEL PERCORSO


venerdì 21 novembre 2014

Cicloescursionismo, ciclismo sportivo e loro importanza nei temi della mobilità ciclabile.




Alcuni settori del ciclo-attivismo fanno spesso dei radicali distinguo fra chi utilizza la bici tra le mura della città, per andare al lavoro o per semplici commissioni, e chi la utilizza principalmente fuori porta per escursionismo, cicloturismo o sport.
Personalmente ho guardato sempre con molto sospetto a questo tipo di distinzioni, principalmente per tre motivi.

Ragione 1) - La prima ragione è piuttosto banale: in molti casi le categorie di ciclisti citate all’inizio coincidono o si mischiano. Io stesso, per fare un esempio semplice, uso la bici per andare a fare piccole commissioni in centro(ciclista urbano) ma quando posso non mi nego certo gli 80 km in una mattinata sulla bici da corsa(ciclismo sportivo) o l’escursione nei boschi o nelle campagne con la mtb in allegra compagnia(ciclo escursionismo); da tempo ho anche desiderio di fare un viaggio in bici(cicloturismo). E non sono il solo: chiunque guardi senza pregiudizi al mondo variegato della bicicletta nota facilmente che molti appassionati del pedale sconfinano senza problemi tra i vari modi di intendere il mezzo a pedali: utilizzo della bici in città, ciclo escursionismo, cicloturismo, ciclismo sportivo sono solo facce di una stessa medaglia che spesso si mischiano fra loro.

Ragione 2) - La seconda ragione è più sottile e forse meno intuibile se ci si ostina a guardare a questo argomento con troppi pregiudizi e personali antipatie: anche chi usa la bici SOLO per il ciclo escursionismo o per lo sport, concorre comunque, volontariamente o involontariamente, a dare voce alle necessità dei ciclisti sulle strade, a evidenziare criticità, a valorizzare il territorio e a dare un segnale forte alle amministrazioni centrali. Che si tratti di escursioni organizzate dalle Associazioni FIAB o che si tratti di uno dei tanti gruppi di ciclismo sportivo amatoriale che girano il sabato e la domenica sulle nostre strade extraurbane, il risultato è comunque lo stesso: la presenza di ciclisti in strada con tutte le loro necessità, le criticità conseguenti e il loro sacrosanto diritto di girare in sicurezza. ESSERCI è la parola d’ordine e la questione più importante per la causa della mobilità ciclistica; oltretutto, in una nazione come l’Italia che ha nella sua storia una profonda tradizione sportiva legata alla bici, la presenza di ciclisti sulle strade diventa una questione fondamentale per spingere le amministrazioni, periferiche e centrali, a tutelare la sicurezza degli utenti più deboli della strada con misure di vario genere, legislative e infrastrutturali, da realizzare sia nelle città che al loro esterno.
Il numero di persone che pedala per le strade è importantissimo per la causa della ciclabilità e questo vale sia per le vie urbane che per quelle extraurbane: più questo numero è alto, più il problema del rispetto per chi pedala guadagna l’attenzione dell’opinione pubblica e degli amministratori.
Che si tratti di ciclo-attivisti o che si tratti di gente in tuta sgargiante che pedala bici super performanti in carbonio da 4000 euro, il risultato è comunque lo stesso: la presenza di numeri sempre più alti di ciclisti sulle strade e la funzione importante che questa presenza può avere nell’evidenziare i problemi di convivenza fra bici e mezzi a motore, sia in città che fuori città. La presenza di ciclisti sulle strade è da sempre una questione fondamentale per chi è impegnato nella lotta per una maggiore diffusione della bici come mezzo alternativo all’auto. Ripeto il concetto perchè è importante: più siamo, meglio è; questo è un concetto noto nell’ambiente del ciclo attivismo e non può essere limitato solo all’interno delle mura cittadine e neanche alle sole schiere di ciclisti urbani; va ampliato in tutti i modi anche alle strade extraurbane in cui è permessa la circolazione in bicicletta, va sfruttato in questo senso chiunque inforchi una bicicletta. In queste cose bisogna essere opportunisti e le centinaia di ciclisti sportivi che pedalano nel fine settimana fuori città devono essere considerati una risorsa, non una categoria poco utile al ciclo-attivismo, come qualcuno si ostina a pensare.

Ragione 3) -  Una terza ragione per cui considero negative e controproducenti certe inutili distinzioni è più legata alla mia passione per la bicicletta: provo un vero amore per il mezzo a due ruote; la bicicletta è un mezzo affascinante con una storia bellissima alle sue spalle, fatta di sport, eroismi, tecnica, marchi storici che ne hanno evoluto e migliorato l’efficienza pur mantenendo la semplice genialità della sua meccanica; è un mezzo estremamente vantaggioso in termini di movimento, non consuma risorse della natura, non inquina, fa bene all’organismo, per i bambini è un gioco splendido e uno dei primi assaggi di indipendenza, è un mezzo che permette di conoscere il territorio in maniera sorprendente e anche molto altro, e tutti questi aspetti sono riconosciuti da qualunque genere di ciclista, da quello che pedala quotidianamente casa-ufficio, dal cicloturista che fa gite fuori porta, e anche dall’agonista che corre nelle granfondo o anche in gare molto più importanti.  
Sono dei tratti comuni che uniscono, non dividono scioccamente, e riportano qualunque categoria alla radice fondamentale del problema della mobilità ciclistica: poter usare la bici in libertà e sicurezza, ovunque sia permesso: c'è forse qualcosa di più importante di questo concetto quando si parla di ciclabilità?


Queste sono le ragioni principali per cui penso che le associazioni FIAB, come Firenzeinbici con cui collaboro da tempo come volontario per l'organizzazione di ciclo escursioni, debbano continuare ad impegnarsi per stimolare sempre più anche lo sviluppo di una mobilità ciclabile extraurbana, organizzando regolari escursioni attraverso i loro volontari, promuovendo manifestazioni e eventi anche in collaborazione con i settori sportivi per contribuire in questo senso a spingere sempre più gente all’utilizzo della bici, sia per gli spostamenti quotidiani che per lo sport e il turismo.
Nel contempo sono le ragioni principali per cui ritengo assolutamente controproducente perdersi in inutili pregiudizi e distinguo fra teoriche categorie di ciclisti che spesso, a ben guardare, hanno confini decisamente molto labili.

AGGIORNAMENTO al giugno 2018:   Le polemiche con alcuni esponenti di FIAB e dell'associazione Fiorentina, la sensazione di essere considerato ciclista di serie B solo per la mia passione sportivo/escursionista, la sensazione che si considerassero non utili i miei pareri solo perchè non sono il classico ciclista urbano, mi hanno spinto a non rinnovare la tessera perchè l'atteggiamento che vedevo era di chiusura e seguiva una linea che non mi piaceva. In realtà ad oggi le cose sembrano cambiate di nuovo e il direttivo sembra essere meno "talebano" e più aperto. Ma certi articoli che fanno distinzioni inutili sulle categorie di ciclisti, ogni tanto ricompaiono sul sito di FIAB. Perciò per ora continuo a tenermi a distanza, pur considerando sempre utile l'esistenza di un'associazione che fa gli interessi dei ciclisti.
Per ora pedalo felice da ciclista sportivo/escursionista e, lo assicuro, questo mi dà modo di conoscere sempre più a fondo i problemi della ciclabilità, proprio perchè girando per sport mi capita di attraversare intere città, Firenze compresa, rendendomi ben conto di pericoli, difficoltà e problemi che qualunque ciclista deve affrontare girando in ambito urbano. 

martedì 4 febbraio 2014

In bici contromano

Le voci contrarie al contromano in bicicletta - già attuato da tempo in tanti stati europei e in alcuni comuni italiani (vedi Reggio Emilia, Ferrara, Bolzano...) - sono veramente ridicole e sono lo specchio di una cultura autocentrica becera e senza logica.
Il presidente dell'ACI - ma non solo lui - è una fotografia di questa cultura, la classica espressione del "Sì vabbè.., si fa in tanti posti... ma qui siamo in Italia...", come se in Italia fossimo in un mondo a parte, in una palude dove bisogna rassegnarsi alla regola del "non-fare", alla cultura dell'immobilismo tipico di certi burocrati che si spaventano se qualcuno gli cambia la posizione della biro sulla scrivania.
La cultura della mobilità sta cambiando ma qualcuno non vuole che cambi.
Ma alla fine l'avremo vinta, l'avranno vinta tutte le associazioni, i gruppi, i singoli e tutti quelli che da anni hanno preso a cuore questo argomento e lavorano in silenzio incontrando le amministrazioni e dandosi da fare per ottenere dei cambiamenti. Il codice della strada va rivisto, deve essere legale il contromano in bici su determinate strade, i comuni devono avere meno vincoli per la realizzazione di ciclabili, i piani della mobilità devono essere elaborati considerando prima di tutto i pedoni, poi le bici e solo alla fine le auto, cioè esattamente il contrario di quello che è stato fatto fino ad oggi. Le città devono essere delle persone, non delle auto.
Non so ancora quando tutto questo sarà realizzato, ma sono sicuro che succederà; faccio anche io la mia piccolissima parte e spero che almeno mio figlio potrà godere di città meno disumane.
Per buona pace di chi vuole rimanere tra gli autosauri...

venerdì 3 gennaio 2014

Miss Frankenstein... una bici, un mostro... :-)

E' un po' che come il dottor Frankenstein mi rinchiudo nell'antro fra qualche scarafaggio e un bailamme di materiale e smanetto un po' sulle bici.
Tra le altre cose, avevo un telaietto da corsa in acciaio della Mass, una marca non tanto conosciuta e comunque ormai fuori mercato, preso d'occasione un paio d'anni fa senza sapere bene cosa farne.
Non ci si poteva fare una fissa e nemmeno una single speed perchè non ha i forcellini orizzontali, così l'ho tenuto lì in attesa con l'idea di trasferirci i componenti della bici da corsa che è un tantino lunga per me, mentre questo telaietto sarebbe della misura giusta; oppure ci costruire una bici da vendere o solo per il gusto di montarne una per imparare altre cose.
Comunque la faccenda è rimasta in sospeso finchè, avendo una serie di componenti economici, residui di qualche cambio sulle altre bici o acquistati a prezzi stracciati quando trovavo un'occasione particolare, mi sono messo lì ad assemblare un po' a caso.
E' venuta fuori una bici che farebbe inorridire qualunque purista: c'è, prima di tutto, un cambio tourney a 7 rapporti, cambio economicissimo generalmente in uso sulle city bike di bassa gamma ma credo che su una corsa non se n'è mai visto uno... ; poi un deragliatore Gipiemme acquistato a 5 euro da un negozietto che lo stava per buttar via; due levette cambio da montare sull'obliquo prese a pochissimo, marca Sunrace(ex marca "cinese" che ora ha assorbito la più rinomata Sturmey Archer... ); le ruote sono da corsa, cerchi a doppia camera economiche della Decathlon.... praticamente l'unica vera spesa di tutta la bici insieme ad una altrettanto economica guarnitura tripla della Prowheel presa sempre alla Decahtlon.
 Il resto, manubrio, freni, gomme(Vittoria Rubino Pro), cavi, movimento centrale, serie sterzo e pedali li avevo già. La sella è un vecchia che avevo sulla mtb, che risultava un po' troppo dura per lo sterrato e che su questa bici invece trova una sua buona collocazione. Il mio "parco selle" è comunque affollato e di scelta ne ho... per ora rimane questa.
Mi sono messo al lavoro nei ritagli di tempo ed alla fine è venuta fuori questa "Miss Frankenstein". Mi sono cimentato nella regolazione di cambio e deragliatore che si sono rivelate più facili del previsto: il deragliatore mi ha fatto perdere un po' più di tempo perchè meccanismi e viti di regolazione erano sporchi e per farlo lavorare ci ho messo un po' ma alla fine ha funzionato perfettamente anche con la tripla corona.
 La linea catena è praticamente perfetta(a ...ehm... culo perchè non l'ho mica calcolata... il movimento centrale ce l'avevo già, perno 113,5...); il cambio Tourney era praticamente nuovo ed ha funzionato alla prima tanto più che una volta regolate le viti di fine corsa, con le levette a telaio non ci sono molte altre regolazioni da fare.
Il manubrio è una curva da corsa della Deda, praticamente nuova con attacco manubrio per forcelle non filettate... questo avevo, così ho deciso di montare l'adattatore(che già avevo)... Volevo una posizione comoda così ho aggiunto anche uno spessore per tenere il manubrio più alto... l'accrocchio non è per puristi ma funziona e secondo me non è neanche brutto; le leve freni erano un residuo di magazzino trovato da un ciclista vicino casa, due leve semplici da corsa della shimano 105 con la guaina bianca piuttosto sporca per l'uso. Non l'ho cambiata.... l'ho solo ripulita il più possibile ed ora è accettabile.
La forcella l'ho trovata a venti euro da un piccolo ciclista; una forcella cromata di buona fattura; era un po' ossidata ma con la paglietta d'acciaio è tornata nuova.
Nastratura del manubrio nera fatta naturalmente dal sottoscritto, con tanto di guaine che passano sotto come regola vuole con i freni come i miei.

Alla fine il varo è stato positivo; qualche veloce regolazione da fare alla serie sterzo, i freni e un pedale da stringere, ma per il resto cambio ben funzionante, nei limiti delle levette a telaio, quindi con la doverosa "ricerca del rapporto"; all'inizio mi sembrava strano cambiare così, poi sono ritornato a quando ero ragazzo e giravo su una Chiorda a 3 rapporti e una singola corona... Con il 7x3 di Miss Frankenstein le levette sono un po' più complesse da usare perchè ci vuole una certa sensibilità... sono passaggi piuttosto piccoli e si fa presto a saltare un rapporto... ma dopo un po' di pratica inizia ad essere naturale ed anche divertente.
Per ora è lì... ma credo che subirà modifiche, ritocchi, smanettamenti vari, come ogni buon mostro...
Il mostro comunque non è neanche tanto mostro, a guardarla bene...