venerdì 21 novembre 2014

Cicloescursionismo, ciclismo sportivo e loro importanza nei temi della mobilità ciclabile.




Alcuni settori del ciclo-attivismo fanno spesso dei radicali distinguo fra chi utilizza la bici tra le mura della città, per andare al lavoro o per semplici commissioni, e chi la utilizza principalmente fuori porta per escursionismo, cicloturismo o sport.
Personalmente ho guardato sempre con molto sospetto a questo tipo di distinzioni, principalmente per tre motivi.

Ragione 1) - La prima ragione è piuttosto banale: in molti casi le categorie di ciclisti citate all’inizio coincidono o si mischiano. Io stesso, per fare un esempio semplice, uso la bici per andare a fare piccole commissioni in centro(ciclista urbano) ma quando posso non mi nego certo gli 80 km in una mattinata sulla bici da corsa(ciclismo sportivo) o l’escursione nei boschi o nelle campagne con la mtb in allegra compagnia(ciclo escursionismo); da tempo ho anche desiderio di fare un viaggio in bici(cicloturismo). E non sono il solo: chiunque guardi senza pregiudizi al mondo variegato della bicicletta nota facilmente che molti appassionati del pedale sconfinano senza problemi tra i vari modi di intendere il mezzo a pedali: utilizzo della bici in città, ciclo escursionismo, cicloturismo, ciclismo sportivo sono solo facce di una stessa medaglia che spesso si mischiano fra loro.

Ragione 2) - La seconda ragione è più sottile e forse meno intuibile se ci si ostina a guardare a questo argomento con troppi pregiudizi e personali antipatie: anche chi usa la bici SOLO per il ciclo escursionismo o per lo sport, concorre comunque, volontariamente o involontariamente, a dare voce alle necessità dei ciclisti sulle strade, a evidenziare criticità, a valorizzare il territorio e a dare un segnale forte alle amministrazioni centrali. Che si tratti di escursioni organizzate dalle Associazioni FIAB o che si tratti di uno dei tanti gruppi di ciclismo sportivo amatoriale che girano il sabato e la domenica sulle nostre strade extraurbane, il risultato è comunque lo stesso: la presenza di ciclisti in strada con tutte le loro necessità, le criticità conseguenti e il loro sacrosanto diritto di girare in sicurezza. ESSERCI è la parola d’ordine e la questione più importante per la causa della mobilità ciclistica; oltretutto, in una nazione come l’Italia che ha nella sua storia una profonda tradizione sportiva legata alla bici, la presenza di ciclisti sulle strade diventa una questione fondamentale per spingere le amministrazioni, periferiche e centrali, a tutelare la sicurezza degli utenti più deboli della strada con misure di vario genere, legislative e infrastrutturali, da realizzare sia nelle città che al loro esterno.
Il numero di persone che pedala per le strade è importantissimo per la causa della ciclabilità e questo vale sia per le vie urbane che per quelle extraurbane: più questo numero è alto, più il problema del rispetto per chi pedala guadagna l’attenzione dell’opinione pubblica e degli amministratori.
Che si tratti di ciclo-attivisti o che si tratti di gente in tuta sgargiante che pedala bici super performanti in carbonio da 4000 euro, il risultato è comunque lo stesso: la presenza di numeri sempre più alti di ciclisti sulle strade e la funzione importante che questa presenza può avere nell’evidenziare i problemi di convivenza fra bici e mezzi a motore, sia in città che fuori città. La presenza di ciclisti sulle strade è da sempre una questione fondamentale per chi è impegnato nella lotta per una maggiore diffusione della bici come mezzo alternativo all’auto. Ripeto il concetto perchè è importante: più siamo, meglio è; questo è un concetto noto nell’ambiente del ciclo attivismo e non può essere limitato solo all’interno delle mura cittadine e neanche alle sole schiere di ciclisti urbani; va ampliato in tutti i modi anche alle strade extraurbane in cui è permessa la circolazione in bicicletta, va sfruttato in questo senso chiunque inforchi una bicicletta. In queste cose bisogna essere opportunisti e le centinaia di ciclisti sportivi che pedalano nel fine settimana fuori città devono essere considerati una risorsa, non una categoria poco utile al ciclo-attivismo, come qualcuno si ostina a pensare.

Ragione 3) -  Una terza ragione per cui considero negative e controproducenti certe inutili distinzioni è più legata alla mia passione per la bicicletta: provo un vero amore per il mezzo a due ruote; la bicicletta è un mezzo affascinante con una storia bellissima alle sue spalle, fatta di sport, eroismi, tecnica, marchi storici che ne hanno evoluto e migliorato l’efficienza pur mantenendo la semplice genialità della sua meccanica; è un mezzo estremamente vantaggioso in termini di movimento, non consuma risorse della natura, non inquina, fa bene all’organismo, per i bambini è un gioco splendido e uno dei primi assaggi di indipendenza, è un mezzo che permette di conoscere il territorio in maniera sorprendente e anche molto altro, e tutti questi aspetti sono riconosciuti da qualunque genere di ciclista, da quello che pedala quotidianamente casa-ufficio, dal cicloturista che fa gite fuori porta, e anche dall’agonista che corre nelle granfondo o anche in gare molto più importanti.  
Sono dei tratti comuni che uniscono, non dividono scioccamente, e riportano qualunque categoria alla radice fondamentale del problema della mobilità ciclistica: poter usare la bici in libertà e sicurezza, ovunque sia permesso: c'è forse qualcosa di più importante di questo concetto quando si parla di ciclabilità?


Queste sono le ragioni principali per cui penso che le associazioni FIAB, come Firenzeinbici con cui collaboro da tempo come volontario per l'organizzazione di ciclo escursioni, debbano continuare ad impegnarsi per stimolare sempre più anche lo sviluppo di una mobilità ciclabile extraurbana, organizzando regolari escursioni attraverso i loro volontari, promuovendo manifestazioni e eventi anche in collaborazione con i settori sportivi per contribuire in questo senso a spingere sempre più gente all’utilizzo della bici, sia per gli spostamenti quotidiani che per lo sport e il turismo.
Nel contempo sono le ragioni principali per cui ritengo assolutamente controproducente perdersi in inutili pregiudizi e distinguo fra teoriche categorie di ciclisti che spesso, a ben guardare, hanno confini decisamente molto labili.

AGGIORNAMENTO al giugno 2018:   Le polemiche con alcuni esponenti di FIAB e dell'associazione Fiorentina, la sensazione di essere considerato ciclista di serie B solo per la mia passione sportivo/escursionista, la sensazione che si considerassero non utili i miei pareri solo perchè non sono il classico ciclista urbano, mi hanno spinto a non rinnovare la tessera perchè l'atteggiamento che vedevo era di chiusura e seguiva una linea che non mi piaceva. In realtà ad oggi le cose sembrano cambiate di nuovo e il direttivo sembra essere meno "talebano" e più aperto. Ma certi articoli che fanno distinzioni inutili sulle categorie di ciclisti, ogni tanto ricompaiono sul sito di FIAB. Perciò per ora continuo a tenermi a distanza, pur considerando sempre utile l'esistenza di un'associazione che fa gli interessi dei ciclisti.
Per ora pedalo felice da ciclista sportivo/escursionista e, lo assicuro, questo mi dà modo di conoscere sempre più a fondo i problemi della ciclabilità, proprio perchè girando per sport mi capita di attraversare intere città, Firenze compresa, rendendomi ben conto di pericoli, difficoltà e problemi che qualunque ciclista deve affrontare girando in ambito urbano. 

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